Questo tempo quaresimale, e quindi di conversione, è a noi favorevole per tornare a Dio con tutto il cuore e per fermarci – nel silenzio che lo scandisce e lo caratterizza – a contemplare nostro Signore Crocifisso disteso sulla Croce, piagato nel corpo e agonizzante nello spirito. È Cristo, l’unico rimedio di espiazione per i nostri peccati, attraverso il quale le nostre anime, lavate da quell’Acqua e da quel Sangue che scaturirono dal Sacro Costato, vengono ristabilite nella grazia perduta con il peccato originale.

La frase che dà il titolo a questo breve articolo è tratta dalla biografia spirituale di santa Angela da Foligno (1248-1309). Ella, mentre si trovava raccolta nel meditare la Passione di Gesù, sentì nell’anima queste parole divine: “Io non ti ho amata per scherzo”, e poi ancora: “io non ti ho servita per finta”, comprendendo così – non senza provarne un profondo dolore – di non amare Dio se non per scherzo e falsamente. Capì che Cristo soffrì tutto spinto da un amore indicibile, dandosi a lei per servirla e per confortarla in ogni suo dolore.

Il Sacrificio cruento di Cristo e quello incruento perpetuato sulla terra ogni giorno nella celebrazione Eucaristica, ci dimostra che Dio non ci ha amati a parole: Egli ci ha resi degni della morte di un Dio. No, Cristo non ci ha amati per scherzo. La dolorosa Passione alla quale volontariamente Egli si consegnò ce lo testimonia: le percosse (Gv 18,22); i numerosissimi colpi di flagello (Gv 19,1); il Sangue stillante nella sua coronazione di spine (Gv 19,2); le mani e i piedi trapassati dai chiodi e la lancia con cui il centurione colpì il Suo costato, insieme alla profonda ferita della Croce e alle ferite dovute alle cadute sotto il peso di questa; davvero come Agnello condotto al macello ha pagato per noi vivendo fino in fondo quella forma dell’amore che è il sacrificio totale di sé.

Guardando al bellissimo Crocifisso presente nella cappella della nostra comunità, è sorto in me il desiderio di scrivere una breve riflessione sull’immenso valore delle sante Piaghe di Gesù, poiché – come affermò san Bernardo (1090-1153) – non vi è infatti un luogo più sicuro per l’anima in cui nascondersi: ivi il Suo prezioso Sangue vi scorre come sorgente inesauribile di grazia e Misericordia. Entrando in esse, non solo possiamo abbeverarci a quella che è la “vera bevanda”, ma veniamo anche lavati, guariti, perdonati e santificati. Quelle profonde Piaghe che sfigurarono il Corpo di Gesù diventano rifugio nel quale tutti i peccati, le ferite e le inquietudini del nostro cuore, possono venire sanate. L’Apostolo Pietro insegna: “dalle sue piaghe siete stati guariti” (1 Pt 2, 25).

Le sante Piaghe costituiscono un’intercessione ininterrotta di Gesù rivolta al Padre: quando venne chiesto alla beata Madre Speranza (1893-1983) come vedesse Gesù nella santa Eucarestia, ella rispose: “Lo vedo con le braccia aperte, mostrando le piaghe al Padre, e intercedendo per tutti noi“. L’intercessione di Gesù, infatti, si perpetua nell’eternità.
Nel Corpo di Cristo risorto le Piaghe non scompaiono, rimangono, perché quelle Piaghe sono il segno permanente dell’amore di Dio per noi” (papa Francesco): le sue Piaghe aperte salvano il mondo e nel momento in cui le offriamo al Padre, ottengono la conversione dei peccatori e numerosissime grazie. Noi, nascondendoci nelle Sue Piaghe possiamo intercedere con Lui, unendo le nostre azioni, suppliche, pensieri e atti a quelli di Gesù, rendendoli così estremamente graditi ai Suoi occhi e offrendo al Padre la preghiera più perfetta. Le Piaghe del Signore divengono canale di benedizione: sia per chi è sulla terra, per cui sono balsamo e forza nel dolore, sia per le anime sante del Purgatorio che vengono alleviate o liberate dalle loro pene.

Alle cinque Piaghe meditate abitualmente, ne possiamo aggiungiamo una sesta. Quando san Bernardo domandò in preghiera al Signore quale fosse stata la Piaga che gli arrecò maggior dolore durante la passione Gesù gli rivelò: “Io ebbi una piaga sulla spalla, profonda tre dita, e tre ossa scoperte per portare la croce: questa piaga mi ha dato maggior pena e dolore di tutte le altre e dagli uomini non è conosciuta”.

Ripercorrendo con Gesù la via Crucis soffermiamoci a meditare anche su questa Piaga tanto dimenticata e causata da quel pesante legno della Croce, ove portò con amore – oltre che nel Suo Corpo – tutto il peso dei nostri peccati.
Il Signore è la roccia nelle cui fenditure possiamo trovare riparo (cfr. Ct 2,24). Come raccomandato da Sant’Ignazio di Loyola, possiamo pregare dopo ogni comunione Eucaristica l’Anima Christi in cui chiediamo al Signore: “Intra vulnera tua absconde me”; mentre domandiamo alla nostra santa Madre di imprimere nel nostro cuore le Piaghe del Suo Figlio Gesù.