L’11 aprile 1903, Sabato Santo, poco dopo le due del pomeriggio, muore Gemma Galgani. La Chiesa ne fa memoria liturgica il giorno 16 maggio, ma la comunità delle Sorelline la ricorda anche in questo giorno in virtù della sua vicinanza e dell’intercessione speciale di cui ne fa esperienza.

La Comunità si sente, infatti, scelta per un accompagnamento speciale e, in modo particolare, da alcuni santi tra cui Santa Gemma Galgani. Non è mai casuale la scelta, la confidenza o la vicinanza di un santo nella nostra vita; dobbiamo riconoscere che ci sono delle caratteristiche nella vita dei santi che toccano o possono toccare alcuni aspetti anche della nostra.

Santa Gemma maturò prestissimo il desiderio di Paradiso tanto che se Dio le avesse dato la possibilità di scegliere, avrebbe preferito sciogliersi dal corpo e volare al Cielo. Non per svincolarsi dai dolori – seppur intensi e molti – bensì per puro desiderio di Dio e ardente amore per Gesù. Accanto al desiderio del Paradiso, infatti, Gemma poté sperimentare molto presto il dolore e la sofferenza, fisica, morale e spirituale. Fisica, per tutte le malattie nel corpo che patì e che la portarono ad una totale paralisi delle membra; morale e spirituale perché Dio concesse a Gemma anche un forte dolore per il peccato. Tutto soffriva per amore di Gesù. La passione che ardeva nel cuore di Gemma era quella di assomigliare tutta a Gesù. Gesù stesso alimentava questo suo desiderio facendosi vedere con le piaghe aperte e grondanti di sangue.

Così l’8 giugno del 1899 Gesù disse a Gemma che quella sera stessa le avrebbe concesso una grande grazia: le stimmate. Da quel giorno ogni giovedì verso le 8 e fino alle 3 del pomeriggio del venerdì, Gemma viveva la Passione di Gesù nel suo corpo. Ella fu, inoltre, una dei pochi santi tra i più privilegiati che ebbe tutte e 5 le piaghe e non solo, partecipò a tutti gli strazi della Passione di Gesù compresa la flagellazione e l’incoronazione di spine.

Le stimmate, insieme agli altri segni della Passione, cessarono per ordine dei confessori. Così Gemma non potendo dare le sue mani e i suoi piedi a Gesù perché le era proibito, Gli diede il suo cuore dicendo: “Mio Gesù, non ti posso dare dalle altre parti il mio sangue, te lo do dal cuore”. Cominciarono così le terribili angosce che le forzavano il cuore al punto di incurvarle tre costole dal lato sinistro con conseguenti vomiti di sangue.

Gemma ha compreso bene la sua vocazione, essere vittima di espiazione: si è offerta fino alla morte per tutti i peccatori, membri sofferenti del copro mistico. E pur tra i peggiori attacchi del demonio non dimentica mai questa sua sublime vocazione, di offrirsi al Signore, di offrirgli anzitutto, ogni giorno, un cuore disponibile a tutto. Dirà infatti: “O mio Dio, guardami da cima a fondo, non ho nulla, son tutta rovinata, proprio non ho nulla da darti. Illuminami se vuoi che ti dia. Ah, ora mi viene in mente. Questa vita che tu mi hai dato e conservato con tanta forza d’amore, questa vita te la sacrifico” (J. F. Villepelée, La follia della croce, IV ed., 2004, Città Nuova).

Il nemico l’ha sempre tormentata molto con patimenti spirituali e fisici, i quali si sono intensificati a tal punto che gli ultimi mesi di vita sembrava che egli potesse trionfare. Ma Gesù voleva che Gemma vincesse il demonio con le armi che Lui stesso scelse e usò: l’umiliazione e la preghiera supplice.

Non è per tutti la vocazione a essere vittima di espiazione quanto lo fu Gemma. Ma come lei, e in quanto figli di Dio, membra del Corpo Mistico di Cristo, siamo chiamati – tutti e ciascuno – a completare nella nostra carne quello che manca dei patimenti di Cristo in noi, a favore del suo Corpo che è la Chiesa (Col 1,24). Il Signore stesso ci chiama, infatti, a essere suoi collaboratori (1Cor 3,9). Prendiamo, dunque, maggior consapevolezza della nostra vocazione a essere membra vive di Gesù nelle quali si prolunga la Sua Passione a merito non solo delle altre membra del Corpo Mistico, ma anche della persona stessa che soffre, in quanto con le nostre penitenze diveniamo strumenti e canali dei meriti infiniti della Sua Passione.

Se tanto gradite a Dio sono le offerte dei piccoli patimenti che soffriamo, quanto più lo saranno quelle piccole mortificazioni che volontariamente possiamo offrire.
Troviamo infatti nella Mystici Corporis di Pio XII: “Mistero certamente tremendo né mai sufficientemente meditato, come cioè la salvezza di molti dipenda dalle preghiere e dalle volontarie mortificazioni a questo scopo intraprese dalle membra del mistico corpo di Gesù Cristo” (MC 42).